l'opera
Note per La mano
Abbiamo letto La Mano che ormai sono cinque anni. Doninelli ce ne parlò a Milano dopo aver visto L’isola di Alcina: “forse ho scritto qualcosa che vi può interessare”. Il romanzo era ancora inedito, Garzanti l’avrebbe pubblicato l’anno dopo. Leggemmo, e subito la figura di Isis ci suonò familiare. “Il rock è il lamento della carne”, ci ha detto un giorno l’autore. Alla “carne” il mondo non basta, per questo si lamenta, urla, si schianta.
La Mano è un romanzo in prima persona, un flusso torrenziale, una soggettiva post mortem: è morto Jerry Geremia Olsen, uno dei più grandi chitarristi rock della Storia. Si è troncato la mano sinistra con una scure. La sorella, dopo una cura di disintossicazione dalla droga, ha deciso di farsi suora “per ritrovare la pace”, ma i diversi conventi cui si è rivolta non l’hanno fatta entrare. Allora ha trasformato la propria stanza nella cella di una monaca, si è nominata Suor Isis, si è separata dal mondo, da quel mondo che ha travolto il fratello. Lì passa i giorni a pregare l’Azzurro e il Verde (così ama chiamare Dio) e a scrivere il suo diario, allucinato e strambo.
Diario come esercizio di memoria, in cui al ricordo si mescola l’interrogazione: perché? Perché è avvenuto tutto questo? E’ l’interrogazione senza risposta del tragico, Isis la fa alla sua maniera.
Il diario di Isis è una miniera di particolari, 150 pagine fitte di ricordi, sogni, descrizioni, personaggi, mondi, una trama complessa, un andare e venire tra la solitudine avulsa del cervello bucato e il tuffarsi nell’enigma del passato.
Leggendo e rileggendo, ci siamo convinti che occorreva trasformare il romanzo in un libretto d’opera. Volevamo arrivare a un’opera per voce sola, quella di Isis, in concerto-combattimento con la musica, una sorta di “de profundis rock”, una partitura che avesse in sé l’eco dell’epoca gloriosa del rock, una musica audace e non innocua, una furibonda lamentazione funebre sul fantasma dell’amato Geremia, l’uomo del quale Isis afferma, orgogliosa: “Io ho vissuto tutta la vita per mio fratello. Ora il suo nome fa paura per il modo in cui morì, prima faceva paura per il modo in cui suonava la chitarra.”
Non abbiamo pensato a una riduzione nel senso banale del termine, quantitativo, di diminuire, rimpicciolire, ma in quello etimologico di “re-ducere”, ricondurre, operare la “reductio ad unum”: andare al punto in cui tutto si concentra, al grido di Geremia, quel grido dall’abisso che tiene in tensione la scrittura del diario come su una ruota di tortura. Il romanzo di Luca Doninelli è un’interrogazione bruciante sulle forze che ci trascinano al fondo.
“Reductio ad unum” come trasformazione in senso alchemico, cambiamento di forma: dalla forma romanzo alla forma libretto. Quel che si perde della complessità del punto di partenza, della trama di parole che lo compongono, va restituito come alchimia di linguaggi sulla scena: intreccio musica-voce-corpi-visione.
E così è nata questa opera per voce sola e fantasma. Lo spazio non è la stanza, ma la psiche di Isis, un luogo circolare, così come gli antichi descrivevano l’anima.
Sospeso come in sogno, lo spazio scenico è una piattaforma circolare, un sepolcro-carillon, il luogo in cui Isis grida la sua pena. Circolare come il tempo, come gli orologi che lo misurano (Isis, che ama fissare gli orologi, e che non li sopporta quadrati, annota che “tutto ciò che ha a che fare col tempo è rotondo: il sole, la luna, la terra, le stelle, le orbite dei pianeti, tutto”). Il mondo (ma chi veramente? “Quelli là”?), le ha strappato per sempre il fratello: lei da quel mondo si è isolata e se lo porta dietro, l’amato, nel suo cervello pieno di buchi, tra la Bibbia e i cartoni animati, guardata a vista da un silente guardiano con testa di topo, una figura da incubo, che alla fine si svela, per trasformazione onirica, essere il corpo senza vita del fratello. “I cadaveri squittiscono”, si dice enigmaticamente nell’Amleto.
Al grido di Geremia fa eco quello di Isis: novella Iside col “cervello in pappa”, insegue agli inferi il fantasma del fratello, il fantasma della Musica. Posseduta, come in trance, Isis assume la voce di Geremia, si fa voce del passaggio, voce che s-muore, trapassa. “Succede di svegliarsi d’un tratto, fare qualcosa di frenetico, e poi tornare come morti”, scrive Isis nel suo diario: questa frase non l’abbiamo messa in scena, questa frase è la scena.
L’Occidente raccontato nel romanzo di Doninelli è l’America, tra Boston e New York, che nel nostro lavoro diventa proprio alla lettera Occidente, luogo dove il sole tramonta. Nella luce del crepuscolo, l’amore di Isis per il fratello ha la purezza di una disperata preghiera.
Marco Martinelli e Ermanna Montanari
Ravenna-Mons, febbraio 2005
crediti
testo Luca Doninelli
musica e regia del suono Luigi Ceccarelli
ideazione Marco Martinelli e Ermanna Montanari
drammaturgia e regia Marco Martinelli
in scena Ermanna Montanari (Isis), Roberto Magnani (il guardiano dalla testa di topo)
scene e costumi Edoardo Sanchi
progetto luci Vincent Longuemare
assistente luci Francesco Catacchio
assistente suono Giovanni Belvisi
assistenti scene Cristina Del Zotto, Paolo Fantin
assistente alla regia Maurizio Lupinelli
direzione tecnica Enrico Isola
realizzazione scene squadra tecnica del Teatro delle Albe: Fabio Ceroni, Luca Fagioli, Danilo Maniscalco, Giuseppe Maniscalco, Dennis Masotti
registrazione in studio chitarre elettriche Marco Biniero, Gabriele Bombardini
realizzazione maschere Francesca Pambianco
promozione Francesca Venturi
ringraziamenti Cristina Bonfanti, Cosetta Gardini, Ivano Marescotti, Francesca Proia, Antonio Rinaldi, A.N.G.E.L.O., Daniel Cordova, la squadra tecnica e organizzativa di Le manège.mons
produzione Le manège.mons/Centre Dramatique, Ravenna Festival, Ravenna Teatro, Le Phenix-Scène Nationale de Valenciennes in collaborazione con Festival delle Colline Torinesi, Comune di Ravenna, Edisonstudio-Roma
Il testo La mano de profundis rock è contenuto nel cofanetto La mano de profundis rock, Teatro delle Albe, Luca Sossella editore, Roma, 2006
Prima nazionale: Mons (Belgio), Les Arbalestriers, 18 febbraio 2005
Li senti, Isabel? I cadaveri squittiscono! I cadaveri squittiscono! Cretina... non lo sai? E io mi faccio una mano nuova! I cadaveri squittiscono! I cadaveri squittiscono! Ballano ballano nelle fogne,nei buchi neri, i cadaveri squittiscono!