L'opera
Abbiamo creato DON CHISCIOTTE AD ARDERE rovesciando i termini della narrazione di Miguel de Cervantes. Siamo partiti dal “castello incantato” di Palazzo Malagola, un edificio tardo barocco su tre piani nel centro di Ravenna, ne abbiamo fatto attraversare le stanze oniriche agli spettatori - gli “erranti” - per poi farli uscire nel giardino della locanda, una di quelle che il cavaliere della Mancia incontra nel suo andare, una di quelle da lui guardate con sospetto, da lui appunto definite “castelli incantati”. Per questo, in genere, all’hidalgo danno del pazzo, a sentirlo esprimersi in questo modo: eppure, quando il nostro Don Chisciotte, nella locanda di Malagola, suggerirà che quella non è una locanda, ma un “castello incantato”, cosa penseranno di lui gli “erranti”, che di quell’edificio hanno appena visitato le curve labirintiche e surreali? Sviluppato come un polittico in tre ante, alla prima anta ambientata a Palazzo Malagola, segue la seconda, dove il cosiddetto Palazzo di Teodorico evoca uno di quei castelli in rovina, illuminato dalla fiamma di un braciere, in cui si svolgono i dialoghi di Don Chisciotte e del suo scudiero, e infine la terza, dove è un antico edificio - una chiesa? un teatro? - a tirare le fila di questa reinvenzione del romanzo seicentesco. Che si rivolge direttamente a noi, al nostro abitare il tempo inquieto di questo XXI secolo, dilaniato da guerre, pestilenze, ingiustizie, non troppo diverso da quello contro cui si scagliava il mite sognatore. A guidare gli “erranti” fin dall’inizio sono due maghi scalcinati, Hermanita e Marcus: le loro bacchette sono spuntate e non sanno far altro che evocare fantasmi, portando sulla scena tre attori - Roberto del Castillo, Aleandro de Puerto Foras e Laura Ross de la Briansa - che per tutta la vita hanno incarnato le figure di Don Chisciotte, Sancio Panza e Dulcinea del Toboso, e attorno a loro, in un gioco di specchi, in una moltiplicazione di doppi, centinaia di cittadine e cittadini ravennati, e tanti altri provenienti da città italiane e straniere, tutti impegnati a figurare locandiere inferocite e carcerati in fuga, adolescenti malinconici e burattini in frantumi, sinistri roghi di libri. Che cosa è reale, che cosa è sogno, che cosa è profezia? Toccherà agli “erranti”, alla fine del viaggio, darsi una risposta.
Marco Martinelli e Ermanna Montanari
Crediti
ideazione, drammaturgia e regia Marco Martinelli e Ermanna Montanari
in scena Ermanna Montanari, Marco Martinelli, Alessandro Argnani, Roberto Magnani, Laura Redaelli, Fagio, Marco Saccomandi e le cittadine e i cittadini della Chiamata Pubblica
musiche Leda - commissione di Ravenna Festival
electronics e sound design Marco Olivieri
scenografia Ludovica Diomedi, Elisa Gelmi, Matilde Grossi
disegno dal vivo Stefano Ricci
costumi Federica Famà, Flavia Ruggeri
disegno luci Luca Pagliano
direzione tecnica Luca Pagliano, Alessandro Pippo Bonoli e Fagio
direzione di produzione Silvia Pagliano
coproduzione Albe/Ravenna Teatro, Ravenna Festival e Teatro Alighieri
in collaborazione con Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna
Prima nazionale: Ravenna, Palazzo Malagola, 25 giugno 2025